In caso di LLC, è possibile che inizialmente non si manifesti alcun sintomo. Con il progredire della malattia, la sintomatologia più comune può includere:
- anemia
- stanchezza
- infezioni
- febbre inspiegabile
- sudorazione notturna
- ingrossamento dei linfonodi
Se il medico sospetta la LLC, potrà confermare la diagnosi attraverso un semplice prelievo di sangue con il quale verrà effettuato esame dell’immunofenotipo e lo striscio di sangue periferico.
La stadiazione della malattia necessita di esami strumentali per valutare anche i linfonodi più profondi e non evidenziabili solamente con la visita. Di solito questo è possibile attraverso la sola ecografia addominale e un RX torace.
In casi particolari potrà essere valutato uno studio di alcune alterazioni genetiche (valutabili sempre un prelievo di sangue) che possono predire l'andamento della malattia.
Nel caso in cui il paziente non presenti sintomi e rientri nelle categorie di rischio medio-basse, non è necessaria la somministrazione di alcun trattamento.
Il paziente viene monitorato attraverso esami periodici per valutare l’evoluzione della malattia. Nel caso in cui inizino a manifestarsi i sintomi o qualora si osservi una riduzione del numero delle cellule nel sangue (come globuli bianche e rossi) o l’ingrossamento dei linfonodi o della milza, il medico valuterà di iniziare a somministrare la terapia più adatta.
Nel caso in cui il paziente sviluppi dei criteri di trattamento, il medico valuterà la migliore terapia da intraprendere. I criteri di trattamento comprendono:
- comparsa di anemia o piastrinopenia (oltre i valori soglia stabiliti da criteri internazionali)
- linfonodi molto grandi (vicini ai 10 cm) o in rapido accrescimento o sintomatici
- milza molto grande, in rapido accrescimento o sintomatica
- sintomi come la febbre persistente, le sudorazioni severe (da doversi cambiare) o la perdita significativa di peso corporeo, non spiegabili da altra causa
La scelta della terapia di prima linea, che mira a migliorare la qualità di vita e aumentare la sopravvivenza, si basa su caratteristiche della malattia, età, comorbidità, stato di salute generale e la preferenza del paziente o la presenza di un caregiver.
Al paziente viene somministrata una terapia a bersaglio molecolare, per via orale per tutti i giorni della settimana.
Le rivalutazioni di malattia sono periodiche e avvengono attraverso esami del sangue e valutazioni strumentali.
In caso di perdita della risposta o tossicità, si prende in considerazione una terapia di seconda linea.
La terapia di seconda linea prevede l’utilizzo di farmaci a bersaglio molecolare come per la prima linea. Nel caso in cui vengano osservate perdita di risposta alla terapia o tossicità, il medico valuterà il trattamento più adatto a quel caso specifico.
Il paziente riceve una terapia a bersaglio molecolare (che non è chemioterapia) della durata di circa 1 anno.
Infatti, tutti gli studi clinici hanno dimostrato che questi nuovi farmaci a bersaglio molecolare si associano a una durata di efficacia più lunga rispetto alla chemioimmunoterapia (CIT).
Ecco perché i farmaci a bersaglio dovrebbero rappresentare l'opzione terapeutica di prima scelta per tutti i pazienti. (Tuttavia, le linee guida europee in vigore, ma in attesa di aggiornamento, ancora prevedono la CIT fra le possibili opzioni di trattamento).
Al termine del trattamento la malattia viene valutata attraverso esami strumentali e analisi del midollo osseo. In presenza di risposta al trattamento torna in watch and wait.
Il paziente torna allo stato di watch and wait iniziale fino a eventuale progressione della malattia. Se il paziente è refrattario al trattamento passa alla seconda linea con terapia continuativa.
La terapia di seconda linea prevede nuovamente l’utilizzo di farmaci a bersaglio molecolare.
Infatti, tutti gli studi clinici hanno dimostrato che questi nuovi farmaci a bersaglio molecolare (non chemio) si associano a una durata di efficacia più lunga rispetto alla chemioimmunoterapia (CIT). Ecco perché i farmaci a bersaglio dovrebbero rappresentare l'opzione terapeutica di prima scelta per tutti i pazienti. (Tuttavia, le linee guida europee in vigore, ma in attesa di aggiornamento, ancora prevedono la CIT fra le possibili opzioni di trattamento).